Ha destato molto scalpore l’approvazione della risoluzione del Parlamento Europeo del 19 settembre scorso, riguardante “L’importanza della memoria europea per il futuro dell’Europa”. Essa, infatti, parte dal presupposto storico per cui la seconda guerra mondiale abbia avuto inizio con la ratifica del patto Molotov-Ribbentrop e si pone come obiettivo quello di condannare la distorsione dei fatti storici da parte di partiti razzisti e xenofobi condannando il razzismo, l’antisemitismo e l’odio. Oltre a non approfondire il dato storico di partenza, però, la risoluzione si articola in una sostanziale rilettura storica, nella quale si equiparano i “totalitarismi” senza differenziare cause, azioni e pensieri di quello che sono stati fascismo e comunismo. Per questo abbiamo deciso di intervistare il professor Luciano Casali, già ordinario di Storia contemporanea presso l’Università di Bologna.
Professore, la visione storica che si propone è ingenua o capziosa?
Io credo che sia necessaria una riflessione sull’idea di Europa. Infatti, esistono due Europe ben diverse: l’Europa occidentale, che ha messo al centro l’antifascismo, e un’Europa orientale che, una volta uscita dal fascismo, passa direttamente al comunismo senza attività e liberazione antifascista. Questi paesi hanno storia e mentalità molto diverse, che hanno prodotto un’idea di Europa ben distinta. Passando dal nazismo al comunismo, manca qualcosa, così come se ci fosse una continuità di oppressione ma di segno diverso Senza questa precisazione non si capiscono comportamenti e mentalità.
Alla luce dell’affermazione secondo cui la guerra inizia con il patto Molotov-Ribbentrop, che messaggio si è voluto veicolare?
La seconda guerra mondiale inizia con l’avvento di Hitler nel 1933 perché è già nell’ideologia del nazismo quella di costruire la Grande Germania. Il patto non è un’alleanza di spartizione anche perché l’URSS stava cercando da tempo un accordo con la Francia e la Gran Bretagna che non accettano poiché il pericolo è visto non tanto nel nazismo quanto nel comunismo e quindi Stalin, abbandonato dai paesi occidentali, cerca di mettersi al sicuro. Quando alla fine degli anni ‘90 Prodi fece la proposta di allargare l’Europa a est, non fece, secondo me sbagliando, una riflessione sul significato dell’entrata in Europa di paesi con idee negative sull’URSS.
Che valore ha questa ingerenza politica in una questione storica non ancora risolta?
Il presidente David Sassoli lo ha detto chiaramente a Marzabotto: è una riflessione politica e non storica, sottolineando che sarebbe opportuno che l’Europa iniziasse a riflettere su se stessa e la sua storia. Buona parte dei paesi di Visegrad rimangono perché incassano soldi. Se si facesse un ricatto, cambierebbero molto.
È reale la volontà politica contro la Russia come sfera politica oppure si vuole trasmettere anche altro?
Secondo me l’Europa orientale vuole mantenere una posizione opportunista e non vuole fare in modo che si realizzi un’Europa unita in una situazione in cui l’America si disinteressa dell’Europa e una Russia sta aumentando il proprio potere in zone come Crimea e Siria. Ciò che manca è una riflessione sul discorso più ampio di Europa, bisognerebbe chiamare gli storici a discuterne ampiamente: non sappiamo bene cosa succedeva nell’Europa del 1939.
L’obiettivo finale pare essere la memoria condivisa e la riflessione. Come si può parlare di memoria condivisa in un panorama così frastagliato, dove ogni stato ha avuto una propria storia di liberazione?
Va considerato che l’antifascismo può essere un punto di riferimento perché tutti i paesi, anche quelli dell’est, sono stati oppressi dal fascismo e solo dopo è arrivato il comunismo. L’Europa del 1939 è un’Europa di fatto fascista e quindi un punto comune potrebbe essere la costruzione di una democrazia di massa popolare comune.
Questa sua tesi si riscontra anche nella prefazione al volume Il contadino e il partigiano. Antifascismo e guerra di liberazione a Castenaso, dove scriveva che «l’antifascismo è corollario della democrazia perché da sola la democrazia non ha speranze di rinnovamento, progresso, partecipazione, solidarietà nazionale e internazionale», discutendo la proposta di De Felice di superamento dell’antifascismo. Si sta davvero prendendo questa direzione?
Due considerazioni: anzitutto, l’internazionalismo che è al centro dell’antifascismo e di conseguenza il nazionalismo è contro l’antifascismo nell’ottica di un abbattimento reale dei confini. Inoltre, nell’antifascismo le donne hanno un ruolo chiave. In Europa hanno ruoli sempre più rilevanti ma non mi pare che sia stata fatta una riflessione concreta sul ruolo delle donne in Europa.
Che idea di futuro si può vedere in termini di consapevolezza storica?
Non c’è nessuna idea di futuro, non viene data nessuna idea di Europa. È un documento sul passato che fa molta confusione. Che tipo di costruire insieme? Non c’è nessuna considerazione sul che fare e per la tua generazione questo sarà molto importante.
di Matteo Rimondini