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il futuro spiegato dai partigiani ad un tavolo da cucina

By 2 Luglio 2010 No Comments

ricci e un ragazzo, passato e futuroda l’Unità del 1 luglio 2010 – Non un tavolo da conferenze. Un tavolo da cucina: apparecchiato con bicchieri e vino, sopra una tovaglia a quadretti bianchi e rossi, per rimandare il contesto conviviale e accogliente che permette uno scambio sereno e sincero, fuori dall’ufficialità, un tavolo vero e sentito. L’obiettivo: tramandare la memoria. Assicurarla al futuro.

Nella Seconda Festa Nazionale dell’Anpi i partigiani raccontano di sé con intorno tanti ragazzi ad ascoltare: il tutto viene filmato ed andrà a comporre l’archivio documentale nazionale delle voci di chi fece la Resistenza contribuendo in modo importante a liberare il Paese dal nazifascismo. Un’iniziativa unica nel suo genere. «Seduti allo stesso tavolo», il titolo. È necessario lasciare traccia. Su questo tavolo abbiamo raccolto esperienze di Partigiani che, per la prima volta, hanno deciso di «mettere a disposizione» episodi ed esperienze mai raccontate prima.

Abbiamo ascoltato Pasquale Cinefra, di Alessandria, con gli occhi rossi e la voce spezzata ricordando quando gli toccò di riconoscere i compagni caduti nella battaglia della Benedicta oppure quando vide impiccato tra gli altri un suo amico di infanzia, il partigiano Ivan. Abbiamo registrato le fatiche e le vessazioni che il fascismo ha fatto subire e che quindi, ci ha detto Giovanna Stanka Hrovatin, «non potevo non essere antifascista». A quattordici anni questa donna nascondeva messaggi ed armi e faceva collegamento tra la città ed i gruppi partigiani. Ricorda che, oltre alle preoccupazioni, per sé era preoccupata anche per la madre che, malgrado tutto, la sosteneva in queste azioni. Le parole della libertà. Abbiamo sentito il racconto di una storia che sui libri si studia solo per grandi temi.

 

Abbiamo sentito la dignità di chi ha scelto di scegliere e di non subire scelte imposte. Ezio Montalenti fu espulso dalla scuola, frequentava la quinta elementare, perché protestava contro l’allontanamento di un compagno ebreo. Abbiamo sentito ottantenni parlare di futuro come pochi, anche più giovani, sanno fare. Abbiamo sentito usare il termine compagno senza imbarazzi o preoccupazioni. Abbiamo sentito tutti, proprio tutti, parlare di Costituzione così come si parla di un figlio, di un nipote.

Attilio Taddei, a quindici anni ha smesso di studiare, nei cantieri ha cominciato a leggere libri che erano proibiti dal regime e che due anni dopo è entrato nelle cellule GAP. Renato Lori comincia dopo l’8 settembre l’attività partigiana, rifiuta la chiamata della Repubblica Sociale Italiana, si consegna solamente dopo l’arresto dei suoi genitori. Quindi riesce a scappare, raggiunge i partigiani, entra nella gloriosa 47 Brigata Garibaldi. A liberazione avvenuta ricorda commosso: «L’aria era veramente nuova, il primo maggio 1945, ho vissuto la libertà negli occhi delle persone, solo allora ci siamo resi conto di quello che avevamo compiuto». La sua ostinazione a continuare l’attività partigiana e a non indietreggiare davanti a nulla, era data dalla volontà di onorare la morte del suo amico Marco Pontirol Battisti, 17 anni, ucciso in combattimento.

Ecco perché aderire all’Anpi, è come partire e riempire lo zaino, farsi carico solo del necessario. L’Anpi non smette di assicurare memoria al futuro, forse perché il termine libertà ha ancora bisogno di essere esercitato e vissuto. L’apertura dell’Anpi anche a coloro che non hanno preso parte alla Lotta di Liberazione inaugura una nuova stagione per l’associazione e contribuisce a ridefinire i modi della sua azione politica e della sua presenza nel territorio.

In particolare, attraverso la collaborazione e il confronto tra diverse generazioni, tra i partigiani e i nuovi iscritti, l’Anpi intende da un lato salvaguardare la memoria di ciò che è accaduto e dall’altro prendersi cura della promozione dei principi sanciti dalla Costituzione fungendo da stimolo per la loro attuazione e per la loro concretizzazione. L’adesione all’Anpi non è un semplice e solo esercizio mnemonico che si gioca nel passato, ma azione concreta e quotidiana. La memoria è un patrimonio, è il tramite fra il nostro passato e la costruzione del nostro futuro. È questo il compito nostro, tramandare questo senso anche ai più giovani: accompagnare la crescita culturale di una società. Troppe volte lo spazio fra la politica e le esigenze quotidiane dei cittadini si divaricano, si allontanano, ed è in questa lontananza che spesso si insinuano le riscritture faziose come è stato provato anche in questi anni. Certo non è facile farsi carico della memoria. Costruire un’identità, in cui la parola libertà non sia solo uno slogan, ma un luogo nel quale trovare gli stimoli per migliorare la propria vita e quella degli altri.

La libertà è una conquista, non è un bene disponibile al miglior offerente.Nella storia dell’Italia contemporanea, la libertà, ha un nome e cognome ben chiaro e definito: Antifascismo e Resistenza.
di Paolo Papotti (ANPAS)

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