In questi giorni in Argentina le donne delle comunità indigene appartenenti a 36 Nazioni originarie stanno realizzando una marcia contro il terricidio con l’obiettivo di raggiungere Buenos Aires.
Chiedono che il terricidio sia considerato un crimine contro l’umanità e la natura. “Abbiamo composto questo termine per sintetizzare tutte le forme in cui il sistema uccide: ecocidio, femminicidio, genocidio, epistemicidio. Tutti i metodi per sopprimere la vita sulla terra.
Il terricidio è un crimine non ancora riconosciuto e la nostra battaglia è renderlo un illecito penale specifico, uno strumento giuridico che ci permetta di lottare contro queste pratiche delle imprese come degli Stati che le sostengono”.
Con questo neologismo definiscono: “la devastazione sistematica non solo dell’ecosistema tangibile, ma anche di quello culturale e spirituale che lo abita”.
Negli ultimi anni, in Argentina, le forze militari e paramilitari minacciano ogni giorno la vita soprattutto delle donne indigene e reprimono violentemente i movimenti autoctoni di difesa della Terra. Tra le vittime ricordiamo l’attivista Santiago Maldonado, scomparso nel 2017 dopo una manifestazione dispersa dalla polizia e ritrovato cadavere qualche mese dopo; Rafael Nahuel, giovane mapuche ucciso durante uno sgombero delle truppe speciali nel 2018. Per non parlare delle continue persecuzioni della minoranza mapuche dell’Araucanía nel Cile meridionale.
L’anno scorso in Patagonia, nella provincia del Chubut, gli incendi, tutti dolosi, hanno distrutto più di 60.000 ettari di foresta, mentre il nord soffre la mancanza d’acqua e di beni di prima necessità.
La repressione istituzionale, le bande paramilitari al soldo delle multinazionali uccidono ogni giorno attivisti ambientalisti e minacciano la vita soprattutto delle donne indigene. Quest’ultime sono le protagoniste del Movimiento de Mujeres Indígenas por el Buen Vivir, gruppo fondato nel 2015 da Moira Millàn, una weychafee che in lingua mapuche significa guerriera. Appartiene a un popolo fiero che ha le radici nel profondo sud della Welmapu – il nome originario della Patagonia – prima che Cile e Argentina si spartissero questo territorio. Mapuche significa “gente della terra” e sono da secoli i custodi e i difensori di questi luoghi. Hanno resistito alle varie colonizzazioni inglesi e spagnole e poi alle invasioni e ai massacri perpetrati dai governi passati e presenti. In Argentina negli anni 1870/80 venne organizzata la “campagna del deserto” che ha significato l’esproprio e il genocidio di intere popolazioni originarie.
In Cile la situazione è, se possibile, ancora peggiore perché una legge antiterrorismo dell’epoca di Pinochet viene utilizzata contro qualsiasi azione che rivendica autonomia e diritti per le popolazioni autoctone.
Questi territori ricchi di materie prime e di meraviglie naturali sono state acquistate da multinazionali straniere e miliardari privati. Tra questi il gruppo Benetton che possiede da solo un milione di ettari in cui si trovano, oltre a laghi e montagne, anche le comunità che ci abitano da secoli. Con la selvaggia privatizzazione degli ultimi decenni lo stato Argentino ha lasciato mano libera alle multinazionali estrattiviste che stanno devastando il territorio contaminando le acque e i suoli.
Questo sistema di capitalismo imperiale neocoloniale e totalitario non sarebbe possibile senza il sostegno del potere militare e politico dei vari governi nazionali.
Il contesto pandemico, inoltre, ha favorito l’aumento di pratiche estrattive di idrocarburi in profondità, come il fracking, che consiste nel fratturare la pietra con sabbia, sostanze chimiche e milioni di litri di acqua ad alta pressione. Ciò comporta un altissimo livello di inquinamento dell’aria e delle falde acquifere oltre a togliere acqua potabile alle comunità con una strategia di annientamento delle popolazioni native. In queste attività sono coinvolte imprese di Europa, Canada e Stati Uniti con il sostegno e la complicità dei vari governi argentini. Contro questa tragica situazione Moira Millàn nel 1992, insieme al fratello, ha fondato un’organizzazione Mapuche che si oppone agli sgomberi e all’esproprio delle loro terre, lottando contro i progetti delle imprese minerarie. Nel 2015, insieme ad altre attiviste indigene, ha organizzato una prima Marcha de Mujeres Originarias por el Buen Vivir. Nel 2018 ha contribuito a fondare il Primo Parlamento delle Donne Indigene.
Il 22 maggio le diverse comunità raggiungeranno la città di Buenos Aires, dove si uniranno migliaia di persone.
Inserire nell’agenda politica questa richiesta è estremamente importante perchè riguarda il presente e il futuro dell’intero pianeta. Per questo motivo negli stessi giorni, in Italia e in molti altri paesi, si realizzeranno manifestazioni e camminate in solidarietà con il Movimento delle Donne Indigene e per denunciare questo modello di pseudo-sviluppo avido criminale e distruttivo.
La rete femminista Transfronteriza che si è formata e unisce collettivi e movimenti da tutte le parti del mondo sta appoggiando, diffondendo e partecipando attivamente alla giornata di azione globale contro il terricidio del 22 maggio e invita tutte le persone ad unirsi partecipando alle iniziative che ci saranno. Se non puoi partecipare alle azioni puoi farlo da qualsiasi luogo anche solo con un cartello usando questi hashtag e postando la foto o il video sulle tue reti sociali #BastaDeTerricidio #BastaTerricidio e inviandole a bastadeterricidio@gmail.com
Qui la mappa delle azioni http://u.osmfr.org/m/608596/
Tutte le informazioni nell’evento della rete Feministas Transfronterizas
https://www.facebook.com/events/451150749300238/
A livello locale il 22 e 23 maggio la Rete Appenninica Femminista organizza una camminata che da Sasso Marconi arriverà a Malabergo.
La manifestazione invita la cittadinanza a protestare contro il progetto di cementificazione dell’area umida ad Altedo che prevede la distruzione dell’ultima risaia rimasta sul territorio bolognese.
Per info e adesioni: noterricidio@gmail.com
Articolo di Roberto Pasquali
Immagine di Irina Zovich