Un pubblico affettuoso ed attento segue con interesse l’operosa vitalità della scrittrice. Istruzioni per diventare fascisti, pubblicato di recente ha suscitato reazioni contrastanti.
Il suo primo ricordo del 25 aprile? Con i genitori in piazza?
Magari fosse stato così. Per me il 25 aprile era solo l’occasione per la gita fuori porta. All’epoca non si pensava di dover spiegare ai bambini perché quel giorno non si andava a scuola. Solo da adulta è diventata una data politica.
Come è successo?
Troppi episodi di gruppi neofascisti che tentavano di equiparare i partigiani ai repubblichini di Salò. Quando qualcuno tenta di minare il senso di una data e di un simbolo, occorre cercarne e studiarne il significato autentico per rafforzarlo. Ed è quello che ho fatto. Anche se devo riconoscere che si tende a difendere la memoria solo in chiave antagonista. Quando la memoria è pacificata si rischia l’oblio.
Oggi stiamo vivendo tempi duri…
Infatti. Quello che un tempo erano solo degli episodi, oggi sono la quotidianità. Tutti i giorni vengono messi in discussione dati storici arrivando a un vero e proprio sovvertimento: tutti i morti sono uguali e hanno tutti pari dignità. Così la storia diventa una lunga notte buia in cui tutti i gatti sono neri.
Come se ne esce?
Intanto impedendo che la storia venga eliminata dalle materie dell’esame di maturità. Sono pochi i ragazzi che scelgono il tema di storia perché storia si insegna poco e quindi non si sentono preparati. E la soluzione è quella di eliminare la prova di storia? Facciamo invece che all’insegnamento della storia venga data l’importanza che merita e che ci si impegni affinché i programmi arrivino fino al fascismo. Facciamo che ai nostri ragazzi venga offerta la possibilità di studiare e conoscere quel periodo. Se non si racconta e non si studia la contemporaneità come si può pensare di riuscire a proteggerci dalle derive neofasciste?
Dopo la presa di posizione sul referendum costituzionale l’Anpi ha registrato tanti nuovi tesserati, soprattutto giovani. Un buon segnale non crede?
Solo in parte. I giovani si rivolgono all’Anpi perché non trovano nei politici degli interlocutori attenti e affidabili. Paradossalmente è la stessa situazione che si verifica in tutti i festival letterari. Le domande del pubblico – a prescindere dal libro di cui si parla – vertono sempre sulla politica. Questo significa che non appena si crea uno spazio di partecipazione pubblico, questo viene immediatamente occupato in senso politico. Se da un lato può essere anche una cosa bella e stimolante, dall’altro non lo è perché significa che gli spazi deputati non vengono vissuti come tali e non va bene.
Che le persone occupino spazi pubblici in senso politico a me sembra un buon segno
Solo in parte. Di fatto la gente è disorientata.
È in questo contesto che si inserisce la scelta di scrivere Istruzioni per diventare fascisti?
In realtà l’ho scritto per i miei figli di 20 e 24 anni. C’è un testimone che non è passato. Loro, come molti altri giovani, pensano che tutti abbiamo diritto di esprimere i loro pensieri e sostenere le loro opinioni. Non percepiscono il fascismo come una minaccia. Non è passato il concetto che il fascismo sia un male. La cosa che maggiormente mi sconcerta, tuttavia, è la posizione di certi storici e intellettuali che sono restii a usare la parola fascismo in relazione all’oggi. Sono preoccupata perché gli intellettuali sembrano non riconoscere il pericolo. Come accadde durante il ventennio quando, effettivamente, non si poteva immaginare cosa sarebbe stato il regime. Oggi invece gli strumenti per una decodifica ci sarebbero tutti. Così nel mio libro non ho fatto altro che mettere in fila frasi e idee fasciste pronunciate da persone che mai si dichiarerebbero tali.
Torna l’ur-fascismo di Umberto Eco?
Esattamente.
di Annalisa Paltrinieri
Foto Alecani