Quali storie, quali immagini e quali esperienze del ‘68 ci restituiscono gli archivi storici bolognesi? La città come rispose alle istanze espresse dal movimento? Vi fu una corrispondenza con quanto in quello stesso periodo stava accadendo nel resto d’Italia? A questi e altri interrogativi prova a dare una risposta Non è che l’inizio: tracce del 1968 negli archivi bolognesi, la mostra documentaria che verrà inaugurata presso l’Assemblea Legislativa il 10 ottobre prossimo per poi essere riproposta in Palazzo d’Accursio dal 6 al 25 novembre. Promosso dalla Soprintendenza archivistica e bibliografica dell’Emilia-Romagna, il percorso espositivo tenta una rilettura del periodo che va dal 1967 al 1973 attraverso la documentazione conservata in tredici importanti archivi pubblici e privati cittadini. Si tratta di materiali eterogenei selezionati alla luce di un asse tematico qualificante il ‘68: la critica alla neutralità della scienza.
In linea di massima il contesto bolognese del ‘68 pare inserirsi pienamente e senza eccezioni nel quadro del contesto nazionale e sovranazionale di quegli anni. Se osservato più da vicino, emergono tuttavia alcuni dati interessanti da cui si può evincere un quadro più mosso del rapporto tra movimento e istituzioni, tra “vecchi” e “nuovi” attori collettivi. Come a dire che la richiesta di maggiore partecipazione, la messa in discussione della “neutralità della scienza” come messa in discussione più complessiva dei poteri costituiti, dei rapporti di forza operanti su scala globale, nazionale, locale, per giungere fino all’ambito dei rapporti interpersonali e di genere, non era completamente estranea al mondo delle istituzioni.
All’interno delle federazioni giovanili partitiche, dell’associazionismo femminile e soprattutto in ambito sindacale, le istanze provenienti dal movimento si incontrarono con sensibilità e disponibilità a mettersi in discussione che favorirono l’instaurazione di un rapporto di dialogo, di apertura verso il movimento. Ciò in parte facilitò la mediazione politica o comunque rafforzò la pressione che il ’68 esercitò sulle istituzioni fino all’ottenimento di improcrastinabili riforme nel corso del decennio Settanta.
Ognuno dei percorsi tematici che la mostra propone apre a questioni che, dal ’68 in poi, avrebbero profondamente orientato una serie di riforme sociali volte ad allargare la sfera dei diritti, le forme della partecipazione civile, i rapporti di genere, le relazioni tra sfera del pubblico e sfera del privato. Basti pensare alla sperimentazione di nuove forme di acquisizione e di trasmissione della conoscenza, a una diversa concezione della salute mentale e al rinnovamento della psichiatria, alla nascita degli ambulatori di quartiere e della medicina del lavoro, ai grandi passi avanti in materia di autodeterminazione delle donne e di tutela della maternità.
Mauro Maggiorani