20 ottobre 1943 – 20 ottobre 2023
79° Anniversario della Battaglia dell’Università: occasione per un aggiornamento importante della toponomastica
La cerimonia ufficiale in ricordo dei partigiani caduti il 20 ottobre del 1943 si è svolta con il tono solenne che merita il doveroso omaggio a chi diede la vita per la libertà. I saluti e gli interventi istituzionali, tra questi particolarmente significativo ed apprezzato quello del rettore Giovanni Molari a cui sono seguito il prorettore Federico Condello, l’assessore Simone Borsari per il Comune di Bologna, Stefano Caliandro per la Regione Emilia-Romagna, lo storico Alberto Preti, la docente Alessandra Zanobetti e Anna Cocchi per l’Anpi sono stati impreziositi dall’omaggio musicale del Corpo musicale universitario del Collegium musicum Almae Matris. Ma non si è trattato solo di una commemorazione.
Nell’agosto del 1944 – come ha ricordato lo storico Alberto Preti nel suo intervento – l’università era un centro importante ed attivo di antifascismo. Il Comando piazza di Bologna predispose un piano insurrezionale. Le brigate cittadine, rafforzate da partigiani scesi dalla montagna o giunti dai comuni della pianura, approntarono basi e depositi nel cuore del centro storico e nell’immediata periferia, per essere pronte ad insorgere appena le truppe alleate si fossero avvicinate.
L’8a brigata GL Masia allestì in agosto la sua base principale nella sede dell’Istituto di Geografia dell’Università. In una stanza sotto il tetto erano state sistemate due radio ricetrasmittenti. Il materiale necessario per fare i documenti d’identità falsi, timbri, cartoncini, marche da bollo e i bracciali tricolori da usare il giorno dell’insurrezione trovarono sistemazione negli scaffali della biblioteca della Facoltà di Lettere. Nei sotterranei furono preparati depositi d’armi e di viveri. A turno, vi stazionavano dai 20 ai 30 partigiani.
A metà ottobre, quando le punte avanzate della 5a armata americana si fermarono poco prima dell’abitato di Pianoro, il Comando piazza non ordinò la smobilitazione delle basi partigiane, perché si riteneva che si trattasse di una sosta momentanea.
Mentre si attendeva invano l’avvicinarsi degli alleati, le basi partigiane, ad una ad una, cominciarono ad essere scoperte dai fascisti.
La prima fu quella dell’Università, a seguito di una delazione. Il 20 ottobre 1944, circa 200 militi della Guardia nazionale repubblicana circondarono la sede universitaria ed ingaggiarono un violento combattimento con i pochi partigiani rimasti intrappolati, mentre i più erano riusciti ad allontanarsi. Nello scontro caddero Mario Bastia, comandante della brigata, Ezio Giaccone, Leo e Luciano Pizzigotti, Stelio Ronzani e Antonio Scaravilli.
Eccoci arrivati, quindi, ad Antonio Scaravilli. Nella piazza che gli è stata dedicata transitano ogni giorno parecchie centinaia di studenti, moltissimi di questi provenienti da altre città, ai quali questo nome non dice niente. Proprio per ovviare a questa lacuna in occasione della commemorazione è stata modificata la targa che lo ricorda e che oggi recita Antonio Scaravilli studente partigiano. Lo stesso per via XX Ottobre 1944, da oggi via XX Ottobre 1944 battaglia dell’università.
Una modifica importante che accoglie una richiesta presentata dall’Anpi nel 2019 e che rappresenta un gesto, nemmeno troppo piccolo, di quell’antifascismo attivo e militante di cui si sente tanto il bisogno. La recente penosa vicenda di Lucca sulla mancata intitolazione di una via al presidente Sandro Pertini ci ricorda, semmai ce ne fosse bisogno, che viviamo tempi duri, tempi nei quali la parola antifascismo sembra aver acquisito una connotazione negativa.
Per nulla rituali gli interventi delle autorità anch’essi volti ad un’attualizzazione dell’antifascismo come quello della professoressa Alessandra Zanobetti che riportiamo di seguito.
20 ottobre 1944 – 20 ottobre 2023
di Alessandra Zanobetti
Siamo qui oggi, come ogni anno il 20 ottobre, a onorare i partigiani che hanno perso la vita in questo luogo. Ha scritto Piero Calamandrei, e cito parole che tutti conosciamo, che chi vuole «andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione» deve andare «nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati». Oggi noi qui siamo riuniti anche per ricordare che i giovani che hanno combattuto per la liberazione d’Italia avevano ben chiaro che il nostro paese avrebbe dovuto rinascere su valori ispirati a una democrazia più giusta e solidale, e ricordare che è grazie alla lotta partigiana che abbiamo potuto nell’aprile del 1945 riprendere il nostro destino di nazione libera e unita. Abbiamo potuto, a differenza di altri Stati, scegliere liberamente la nostra forma di governo e scrivere la nostra Costituzione.
Si dice che la nostra Costituzione sia la più bella del mondo; è effettivamente molto bella, ma immagino e mi auguro che altri popoli pensino la stessa cosa della loro. Come docente del corso in Giurisprudenza vorrei svolgere, in questo luogo sacro, alcune osservazioni a proposito di chi fa notare che cambiarla può essere necessario, perché dalla sua adozione sono passati oltre 75 anni, che sono molti, e il mondo è cambiato.
Questo è senz’altro vero: e la nostra Costituzione, che prevede essa stessa, all’art. 138, le regole per la sua revisione, è stata effettivamente modificata molte volte, per la precisione quarantaquattro volte. Alcune modifiche riguardano l’assetto regionale; altre il funzionamento di alcuni organi, in particolare della Corte costituzionale; è stata creata la circoscrizione elettorale che consente il voto agli Italiani all’estero; è stato modificato il titolo V, che ha dato fondamento costituzionale al primato del diritto europeo e del diritto internazionale su quello nazionale; è stata abolita la pena di morte che era rimasta in vigore nel codice militare di guerra; sono stati introdotti il pareggio in bilancio e il principio del giusto processo; è stato recentemente ridotto il numero dei parlamentari ed è stato modificato l’elettorato attivo del Senato della Repubblica, portando l’età minima per il voto da 25 a 18 anni; pochi mesi fa sono stati aggiunti in Costituzione i principi della tutela dell’ambiente e dei diritti degli animali e riconosciuto il principio di peculiarità delle isole.
I nostri valori, che sono universali e inalienabili, si sono negli anni arricchiti e ampliati, anche per effetto della nostra partecipazione a strumenti internazionali quali la Convenzione europea dei diritti dell’uomo e le grandi proclamazioni di carattere universale. Si sono introdotti così il principio del superiore interesse del bambino e quello di eguaglianza dei figli nati dentro o fuori del vincolo matrimoniale, il principio di precauzione in materia ambientale e quello di sviluppo sostenibile, il diritto al rispetto della vita privata, quello del rispetto dell’orientamento sessuale e della tutela delle coppie di persone dello stesso sesso, il riconoscimento della famiglia di fatto, i diritti dei disabili, la tutela dei consumatori.
D’altra parte, l’introduzione in sede europea di regole come le libertà del mercato unico, il diritto anti-trust, l’istituzione dello spazio di libertà sicurezza e giustizia e la moneta unica hanno trasferito sulle istituzioni europee molte delle decisioni che prima venivano esercitate dal nostro paese in autonomia. Si tratta di uno spostamento di competenze rilevantissimo e di enormi conseguenze che ci deve far ricordare l’importanza di vigilare sull’operato delle istituzioni europee, di cui non è mai stato efficacemente colmato il deficit democratico.
Si sentono da più parti proposte indirizzate a modificare il nostro assetto costituzionale per renderlo più efficiente, alcune delle quali ora all’esame del Parlamento. Una riguarda la c.d. autonomia regionale differenziata; un’altra la separazione delle carriere delle magistrature inquirente e giudicante; e poi il premierato, oppure l’elezione diretta del Capo dello Stato, e ancora l’introduzione del vincolo di mandato per i parlamentari. Si propone l’istituzione di una nuova assemblea costituente che permetterebbe modifiche costituzionali senza coinvolgere il Parlamento. Molte di queste proposte hanno carattere strumentale, ma molte possono apparire dense di suggestione. Non posso omettere di segnalare che da anni vi sono proposte per eliminare un ente inutile e dimenticato, il CNEL, ma proprio a questo ente, che è effettivamente inutile e dimenticato, è stata demandata la decisione sull’opportunità di introdurre, o meno, il salario minimo.
Il nostro paese dopo la sua riconquistata libertà è stato teatro di stragi: la strage di Portella della Ginestra e quella di Reggio Emilia; le stragi di Piazza Fontana e di Piazza della Loggia, dell’Italicus, della stazione di Bologna. E poi tentativi eversivi come il piano Solo, il golpe Borghese, quello di Edgardo Sogno e della P2. L’Italia ha vissuto il periodo buio delle brigate rosse culminato nel rapimento e assassinio di Aldo Moro. Studiosi di diritto del lavoro sono stati uccisi, anche in questa città. Ancora, la lunga traccia di sangue della mafia e gli attentati in cui hanno perso la vita Falcone e Borsellino. Sulla trattativa Stato-mafia è sceso il silenzio di Stato e forse non sapremo mai la verità. Abbiamo avuto, e abbiamo ancora, la corruzione dei politici e i conflitti di interesse, nell’impunità provocata dalla prescrizione dei reati. Oggi, noi che ripudiamo la guerra come è scritto nella nostra Costituzione abbiamo il cuore pesante per i massacri a cui assistiamo poco lontano dalle nostre frontiere.
Ma il paese ha tenuto, non si è lasciato spaventare. La democrazia e la libertà hanno tenuto. Le nostre istituzioni hanno tenuto. Ricordiamocene quando si parla di modificarle. Credo che sia importante riflettere, e oggi è un bel giorno per riflettere, sugli effetti che queste riforme potrebbero avere sull’equilibrio istituzionale, sul rispetto delle minoranze, sulla tutela di ogni opinione e sulla dignità di ogni persona, sui valori per i quali hanno lottato durante la guerra di liberazione i partigiani, e fra loro i giovani di cui oggi onoriamo la memoria e che credevano in un mondo migliore, nella loro brigata intitolata a giustizia el ibertà.