Documento politico del Coordinamento regionale Emilia-Romagna dell’ANPI
Il Coordinamento regionale Emilia-Romagna dell’ANPI ha tenuto una sessione di lavoro il 10 novembre scorso a Bologna. Ne è scaturito il seguente documento politico.
Visti i documenti prodotti dal Consiglio nazionale di Cervia del 15-16 novembre 2008, dalla Conferenza nazionale di Organizzazione del 26-27-28 giugno 2009 dal titolo “Una nuova stagione per l’ANPI”, dalla Presidenza nazionale del 28 ottobre scorso, questo Coordinamento Regionale ANPI considera che il governo di centro-destra (in primis il Presidente del Consiglio con i suoi sodali) proceda nella volontà d’instaurare un potere personale di tipo aziendalistico, mascherato da efficienza e ben lontano dal concetto di democrazia repubblicana.
Esempi di ciò sono gli attacchi all’opposizione (faziosamente definita il male comunista) che coinvolgono parlamentari, magistrati, giornalisti, organi di garanzia costituzionale, ovvero tutti quei soggetti che si pongono davanti alla strada di questa nuova forma di assolutismo.
Attacchi che coinvolgono altresì la Corte Costituzionale e l’intero Ordinamento giuridico nazionale. Ultimo, in ordine di tempo, la dichiarazione che lo stesso Presidente del Consiglio non considererà le sentenze se lo riterranno colpevole.
Ciò in spregio sia alla volontà della maggioranza degli italiani che hanno voluto confermare la Costituzione nel referendum del 2006, sia all’articolo 54 della Carta.
Mentre l’attacco al Presidente della Repubblica, accusato ingiustamente di esercitare il suo mandato favorendo una sola parte politica (sempre quella comunista), merita una sottolineatura a parte.
Delegittimando Napolitano, primo garante dell’unità nazionale, gli si vuole togliere ruolo e credibilità personali aprendo la strada a divisioni, anche territoriali, nel corpo della Nazione. In definitiva il Presidente del Consiglio e i suoi ministri, sempre coadiuvati da capaci legulei, stanno cambiando il concetto di sovranità popolare dando al voto elettorale valore totalizzante: il capo eletto dal popolo è ingiudicabile e quindi impunibile qualsiasi cosa egli faccia.
Non è così in uno Stato di Diritto, nel quale tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge e chi governa giura sulla Costituzione, rispettandola, applicandola e non cercando di contraddirla in modo anticostituzionale con l’approvazione di leggi ordinarie, come nel caso del Lodo Alfano (finito bene, al momento per intervento della Corte Costituzionale), mentre non è finita bene la legge sul rientro dei capitali dall’estero: un vero furto legalizzato che impoverisce l’Italia, oltre a umiliare dipendenti e pensionati che pagano tutte le imposte tramite il sostituto d’imposta e non evadono le tasse.
A ciò si aggiunga la situazione della scuola pubblica. Risorse insufficienti e impedimenti pratici del ministro della Pubblica Istruzione rallentano fino ad annullarle le uscite didattiche (molto grave per ciò che riguarda l’ANPI e i luoghi della Memoria) e proprio mentre allievi e studenti hanno la giusta età per conoscere e capire. Altra età così formativa non ci sarà.
Senza dimenticare che quella parte della storia contemporanea che prevede la Lotta di Liberazione non ha ancora la giusta importanza didattica, tanto che sempre di più sono gli studenti che non la conoscono (ne sono la prova i risultati dei test attitudinali d’ingresso a facoltà universitarie).
E le cose vanno vieppiù peggiorando: mentre esperti docenti, sensibili alla Resistenza tanto da metterla annualmente nei loro programmi didattici, sono andati in quiescenza, i nuovi (bravi e che già abbiamo visto mobilitati per la riconferma della Costituzione) seppur motivati a inserire la Lotta di Liberazione nazionale nell’offerta formativa si vedono, dalla recente riforma della Gelmini, indotti a trattare i fatti storici in modo troppo mnemonico. Anche l’ora di educazione alla Costituzione, a suo tempo decantata, ha visto la sua trasformazione in ora di educazione generale.
Nel merito va sottolineato il prezioso contributo che gli Istituti Storici danno allo studio della Lotta di liberazione, del fascismo, dell’antifascismo, ma va denunciata la scelta del governo di contenerne le risorse: togliendo il docente di scuola pubblica comandato presso gli Istituti si limita la ricerca e, in non pochi casi, la sopravvivenza degli Istituti storici stessi. Infine la scuola pubblica si deve impegnare per una giusta cultura patria, ma è anche urgente una contrapposizione alla linea dell’attuale ministro della P.I. che attacca la cultura in generale e la cultura europea (vedi il contenimento del bilinguismo) limitando esplicitamente la collocazione europea dell’Italia, l’idea europeista e favorendo l’acriticità dei futuri cittadini sovrani.
Il taglio delle risorse all’attività di carabinieri e polizia e l’istituzione delle ronde privano lo Stato di una sua funzione fondamentale: quella della sicurezza nazionale equa. Uno Stato che delega la sicurezza dei cittadini a privati, oltre a rinunciare alle sue prerogative favorisce la nascita di gruppi politici organizzati in squadre sul territorio (nella fattispecie di destra, com’è stato dimostrato). Inoltre uno Stato che facendo appello alla paura della gente fa in modo di scambiare il legittimo desiderio di sicurezza con la libertà delle persone va verso una forma di “Stato di polizia”, già visto da noi sotto il fascismo. Ma l’esperienza delle ronde costituitesi in questi mesi è stata, peraltro, assolutamente fallimentare per voce degli stessi proponenti e sostenitori.
L’ANPI è fermamente contraria alle ronde; altro è, invece, la figura dell’assistente civico (legge regionale Emilia-Romagna del 2003): un modello di volontariato che ha compiti di vigilanza, anche serale, e di assistenza ai più deboli, agli anziani, ai bisognosi, ma senza sostituirsi a polizia e carabinieri. L’ANPI sostiene che la sicurezza sia un diritto che vale per tutti, che tutti devono rispettare le leggi che prevedono diritti e doveri, che ai migranti deve essere garantita accoglienza e integrazione e che ogni individuo (al di là del colore della pelle, delle condizioni sociali, culturali economiche, delle convinzioni religiose…) sia titolare di diritti universali e di doveri verso la comunità.
L’ANPI è sensibile al mondo del lavoro e sostiene, in un rapporto ideale con il sindacato, l’applicazione della Costituzione che già nel primo articolo ne sottolinea l’importanza, e ancor di più nel titolo 3° (la legge è uguale per tutti). Il lavoratore deve avere la giusta retribuzione e la garanzia della dignità. Oggi non è così. La precarietà è diventata una lunga fase che, a volte, dura per tutta la vita. Ancor più seria è la crescente disoccupazione: una vera piaga sociale.
L’ANPI è ben convinta che la crisi economica nazionale sia al di là di una veloce soluzione. Anzi, proprio il superamento della crisi, con la ristrutturazione delle imprese e il taglio del costo lavoro per unità di prodotto, porterà a una maggior disoccupazione. Pertanto l’Associazione s’impegna a sensibilizzare le parti politiche e sindacali (l’unità sindacale è un valore!) affinché sia rafforzata la giusta lotta dei lavoratori nella convinzione che dalla crisi economica si debba uscire non solo con il rilancio delle imprese e dei commerci, bensì con il recupero di un tessuto sociale democratico, con una rinnovata passione politica, con una dignità nazionale che contrasti il degrado culturale nel quale il nostro paese è caduto. L’ANPI denuncia la volgarizzazione della politica che, troppo spesso da “arte per il governo della cosa pubblica”, è diventata arte della prepotenza, degli interessi personali, del turpiloquio.
In definitiva oggi c’è una crisi di ideali e di senso dello Stato che coinvolge la stessa identità nazionale.
Gli italiani si trovano talora confusi. Molti seguono una trasformazione culturale che li allontana da un consapevole esercizio del ruolo di cittadini all’interno dello Stato di Diritto. Soprattutto l’informazione dei media poco dice a riguardo, e le recenti proposte di legge contro la libertà di stampa (quelle che hanno portato l’ANPI in piazza del Popolo a Roma a manifestare il 3 ottobre scorso con giornalisti, partiti, CGIL) tendono a limitare e a distorcere se non a togliere completamente voce all’opposizione politica e sociale.
Per queste ragioni (e tante altre non qui elencabili) emerge una lontananza dell’ANPI dalle posizioni del Governo. L’ANPI è la continuazione della Resistenza, che non fu un movimento improvvisato. Certo, per gran parte dei giovani partigiani e per le partigiane la Lotta di Liberazione fu questione esistenziale, ma per i politici antifascisti fu l’affermazione di teorie di libertà e di uguaglianza.
La Resistenza operò unitariamente nel CLN creando, sin dal ’44, le condizioni per la nascita della futura Italia democratica, repubblicana, con un’economia sociale e capitalistica congiunta e non antagoniste (vedi sempre titolo 3° della Carta). Un’Italia unica e indivisibile che affonda le sue radici nella Costituzione.
Nel merito della Costituzione deve continuare l’impegno per farla passare da formale a sostanziale. La Costituzione, ovvero la legge prima dello Stato (secondo la definizione dei costituenti), ha in sé la struttura ingegneristica per esprimere la sovranità popolare a tempi fissi non dilazionabili, e vuole creare una personalità democratica. L’impegno dell’ANPI è quello di renderla pratica, tenendo conto delle mutate condizioni internazionali, ma opponendosi anche ad aberranti interpretazioni nazionali, come la legge elettorale che priva i cittadini della scelta dei candidati alle elezioni, riservando questo diritto esclusivamente ai partiti. La Costituzione e lo Statuto ANPI sono i documenti primi e ispiratori della nostra associazione di ex partigiani e antifascisti.
Ora, come più volte ribadito, l’ANPI non è un partito politico, ma intende svolgere una funzione importante per la realtà civile e sociale del Paese. Il suo ruolo è quello di mobilitare forze e orientamenti politici antifascisti verso una direzione unitaria, facendo ben intendere che guardando al passato antifascista si può costruire un futuro antifascista.
Queste scelte portano l’ANPI a un ruolo di lotta contro il centro-destra, contro i tentativi di cambiare nome al fascismo per farlo dimenticare e per farne accettare uno nuovo seppure non identificabile col passato. Nel contempo, l’ANPI esercita una funzione di stimolo anche nei confronti dell’opposizione, promuovendo i valori della cultura nazionale, dell’eguaglianza, dei diritti individuali, del ripudio della guerra, del lavoro dignitoso.
Particolarmente significativo è il tema della laicità e dei diritti civili che vanno inclusi in un nuovo e più aggiornato Welfare State, ovvero stato del benessere.
E non ultimo il ruolo delle donne: fondamentali durante la Lotta di Liberazione come staffette, partigiane e patriote hanno poi contribuito alla rinascita del paese del dopoguerra e, oggi, si trovano a condurre nuove battaglie per la dignità sul lavoro, contro il lavoro precario, contro la violenza, per i diritti universali che spettano a tutte senza distinzione di etnia.
L’ANPI ha oggi alcune priorità:
- Va ribadita l’unità delle forze antifasciste. Non sembri ciò la volontà di un’anacronistica riproposta del CLN. Non è così. Però, considerando i grandi risultati che lo stesso diede, oggi possiamo dire che l’unione programmatica e politica del centro-sinistra ritorna a essere una necessità se ben si sa stimare l’involuzione della realtà statuale italiana e della coscienza civica degli italiani. Come si debba realizzare questa unione di forze antifasciste non spetta all’ANPI dire, ma, per la storia che rappresenta e nel rispetto del proprio statuto, l’ANPI deve muoversi politicamente per affermare la democrazia, l’uguaglianza e denunciare quando le stesse sono vilipese e messe in pericolo.
- Ci sono forze governative che tendono a trascurare le iniziative per celebrare il 150° anniversario dell’Unità Nazionale, ed altre, come la Lega e i suoi ministri, non esitano a schierarsi apertamente contro il Risorgimento e i suoi protagonisti deridendo volgarmente il Tricolore. Importante invece è la partecipazione dell’ANPI alle celebrazioni dell’Unità d’Italia perché la guerra di liberazione fu il secondo Risorgimento e contribuì a portare le grandi masse popolari (estraniate invece dai moti e dagli ideali risorgimentali) a essere finalmente protagoniste del proprio futuro. Il 25 aprile prossimo dovrà, in questa prospettiva, essere una celebrazione e una festa in piena e brillante comunione con il Risorgimento (com’è noto le celebrazioni sono fondamentali In queste si vede l’ANPI, si valuta l’ANPI e, se ben fatte, l’ANPI aumenta consensi e peso politico sul territorio).
Infine, l’ANPI (che guarda sempre con attenzione ai partiti politici antifascisti, coltivando con i relativi segretari rapporti di amicizia e di condivise finalità) apprezza come un momento importante per la vita democratica del paese la vastissima partecipazione alle primarie del Partito Democratico, nelle quali ben tre milioni di italiani hanno espresso non più sola indignazione e opposizione al governo di centro-destra, ma la volontà di impegnarsi per costruire una futura vittoria elettorale.
Ancora una volta l’ANPI intende il suo impegno sociale come continuo e sempre in un rapporto con la pubblica amministrazione, le associazioni combattentistiche, i partiti e i sindacati antifascisti, le scuole, gli istituti storici e di ricerca, le università.