Io mi auguro che questo momento finisca presto e che questa esperienza possa servire alle nuove generazioni, i ragazzi come Greta o come le Sardine, per capire che il mondo adesso devono prenderselo a mano loro, per farne un posto più degno di prima. Noi abbiamo lasciato uno strumento, la bussola della nostra Costituzione repubblicana nata dalla Resistenza, che può aiutare anche per uscire da un momento difficile come quello attuale. Questa è la nostra eredità spirituale, anche se quest’anno non potremo manifestare in piazza il 25 aprile”. Ermenegildo Bugni, che presto compirà 93 anni, non ha paura del virus. Il partigiano Arno, che militò nella prima brigata Irma Bandiera Garibaldi, nella vita ha visto proprio tutto. Il fascismo, con il padre ucciso quando lui aveva solo 9 anni, la guerra, la resistenza, la liberazione, la vita. Adesso questo virus che minaccia tutti, soprattutto gli anziani. Ma lui si definisce “un ottimista per natura” e guarda avanti.
Ermenegildo Bugni, lei in questi giorni ha paura?
“No, cosa potrebbe portarmi via questo virus? Al massimo uno o due anni. Ormai il mio fisico è stanco, ho tanti acciacchi, reggo a fatica ma la mia forza di volontà mi impone di cercare di ragionare. Mi dispiacerebbe solo essere un peso per chi mi deve accudire, questo sì. Per il resto io non faccio fatica a stare in casa, facevo fatica prima a uscire. Ma avrei trovato sicuramente qualcuno disponibile ad accompagnarmi in piazza per il 25 aprile. Quello mi manca, non poter essere presente, abbracciare i compagni”.
Pensa che si riuscirà comunque a festeggiare il 25 aprile quest’anno?
“Purtroppo per la prima volta dopo tanti anni non riusciremo a farlo degnamente a causa del virus, però possiamo lo stesso pensare. Alla situazione anomala del nostro Paese, ad esempio, che ha due storie della Patria, non una sola. Il 25 aprile avrebbe dovuto essere una festa comune, sancire la storia patriottica dell’insurrezione per la libertà. Ma oggi noi ci troviamo in una situazione diversa, anomala: anche di fronte alle limitazioni del virus c’è chi è contento che non si possa festeggiare il 25 aprile e chi è dispiaciuto. Non siamo compatti nell’individuare la resistenza come fondamento della costituzione e quindi della nostra appartenenza alla repubblica”.
Quando si parla del coronavirus, delle limitazioni che ha imposto e dei morti che sta causando, spesso si cita la guerra come termine di paragone. Lei pensa che ci siano davvero analogie?
“Sono aspetti completamente diversi, ma io in questi giorni sono riuscito a intravvedere situazioni di solidarietà tra la gente che non avevo più visto da allora. Negli ultimi anni si era imposto un feroce individualismo, una società egoista in cui ognuno pensava a sé stesso. Chi poteva prendere di più dal piatto prendeva, senza pensare a quanto ne restava per gli altri. Di fronte alla pandemia, dopo tanto tempo, ho visto degli accenni di solidarietà”.
Pensa quindi che potremmo uscirne migliori?
“Non credo che 15 giorni possano cambiare il mondo. Ma mi auguro, mi sono sempre augurato, che dopo la nostra generazione ne nascessero altre capaci di prendere principi e ideali della nostra Costituzione e farli vivere. La Costituzione è il nostro testamento politico, siamo riusciti a scriverla sulla carta, adesso va usata come bussola. Può darsi che la lezione di questo virus serva in questo senso. Anche perché io non credo che finirà tutto in un mese o due”.
Quale lezione se ne può trarre secondo lei?
“La lezione fondamentale è che la libertà non significa arbitrio, ma giustizia. Libertà non vuol dire che ognuno può fare quello che vuole ma che tutti sono uguali davanti alle regole e nelle possibilità che la società offre. La giustizia in tutti i suoi aspetti deve essere sempre legata alla libertà. Magari se capiremo questo potremo vivere in un mondo più decente, dove non contano solo la ricchezza e il profitto”.
Lei è quindi ottimista?
“Quando vedo i sondaggi su Matteo Salvini e Giorgia Meloni, che vorrebbero approfittare della pandemia per farci uscire dall’Europa, no. Per natura invece sì, sempre”.
Leggi l’intervista su Repubblica del 10/4/2020