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25 aprile, la fine dell’incubo: la speranza, la certezza, l’attesa

By 18 Aprile 2020 No Comments

Daniele De Paz – presidente della Comunità ebraica di Bologna
Prima come italiano e poi come italiano ebreo, è forte in me un sentimento profondo nei confronti della Liberazione del nostro paese Italia e della nostra amata Bologna. Il 21 aprile del 1945 fu un giorno storico per Bologna. Arrivarono gli alleati e con loro la Liberazione dal nazifascismo. E poi con il 25 aprile, la Liberazione dell’Italia dall’occupazione dell’esercito tedesco e dal governo fascista. Liberazione che ebbe tanti protagonisti: l’esercito alleato, le forze partigiane, i singoli individui che agirono secondo coscienza.
Tra le tante azioni da ricordare, per lo straordinario messaggio che questa vicenda ci offre, il contributo arrivato da un gruppo di volontari che scelsero di riscattare i loro fratelli trucidati nella Shoah e dare vita a quella che sarebbe stata chiamata la Brigata Ebraica. Giunti dall’allora Palestina sotto mandato britannico, i soldati della Brigata si resero protagonisti di molte azioni decisive come il primo sfondamento della Linea Gotica a fianco della divisione Folgore e l’ingresso in numerose località del centro Italia.
Penso al 25 aprile e credo che non possa essere tollerabile che nelle piazze italiane risuonino impunemente parole di morte e sanguinari inviti e che le condanne non esistano o siano silenziose. Non è tollerabile che ci si trovi a fronteggiare un rigurgito di fascismo e, peggio ancora, di neonazismo.
Per comprenderne le ragioni sarebbe bene partire da un livello un po’ più ampio, qualcosa di più esteso che combattere l’intolleranza, l’ignoranza e la sopraffazione. Una società civile, cioè principalmente cittadina, si basa su una convivenza fondata su regole rispettate da tutti. Tale rispetto può essere ottenuto con la convinzione e l’educazione oppure con la coercizione. E qui metto a confronto due tipi di convivenza: quella basata sulle leggi sanzionate da pene, nel caso che vengano violate, e quella invece basata sul rispetto di valori condivisi.
La società ebraica si è basata per 4.000 anni sul rispetto di quanto ha insegnato la Torah, parola che vuol dire proprio insegnamento. C’è una differenza fondamentale fra i due concetti. La legge ha un effetto impositivo, per chi la infrange c’è una punizione, una pena: “nessuna legge senza pena, nessuna pena senza legge”. Questa è la base del diritto romano. Dura lex, sed lex. Si doveva obbedire senza discutere. L’insegnamento invece spiega che comportarsi in un certo modo ha un valore educativo.
In ebraico i dieci comandamenti non sono Comandamenti, ma sono Insegnamenti. Ti dicono cosa è bene tu faccia, lo dicono per il tuo bene e ti spiegano il perché. Il Quinto Insegnamento suona così: “onora tuo padre e tua madre affinché si prolunghino i tuoi giorni su questa terra”. Infatti, chi manca di rispetto verso i genitori distrugge la famiglia, distrugge i valori che rendono la vita degna di essere vissuta e perciò non fa prolungare i suoi giorni su questa terra.
Il “principio di legittimità” – Dura lex, sed lex – ha dominato la cultura del ‘900, ma ai giorni nostri, dopo i disastri delle barbarie naziste (nate dalle leggi di Norimberga), si è affermato il principio di costituzionalità, cioè nessuna legge può violare quanto stabilito dalla Costituzione. E allora la condanna e l’immedesimazione devono riguardare tutte le forme di antisemitismo, discriminazione, pregiudizio, odio, senza se e senza ma, perché l’indifferenza di ieri e di oggi definisce quanto gli esseri umani hanno fatto o omesso di fare verso altri esseri umani.
Al 75° anniversario della Liberazione, il 25 aprile per noi italiani penso che sia rispetto reciproco, conoscenza della storia, consapevolezza nel credere al diritto di manifestare il proprio pensiero, resistenza a ogni forma di banalizzazione, negazionismo e, peggio ancora, falsificazione della storia.
Viva l’Italia!