Il Comitato Nazionale dell’ANPI ha esaminato la situazione che nel Paese si è venuta a creare a seguito di una serie di arresti che hanno reso evidente l’esistenza di una organizzazione eversiva terroristica, costituitasi in banda armata, con cellule attive in Milano, Padova e Torino, dotate di armi.
Il fatto che tale organizzazione si qualifichi come “partito comunista politico-militare” e che si collochi su posizioni tattiche movimentistiche e non su posizioni totalizzanti di militarismo terrorista, non consente assolutamente di minimizzarne la pericolosità,
non solo perché si tratta di un movimento armato, legato alla delinquenza organizzata, ma perché già aveva, nei suoi obiettivi noti, quello di colpire uomini impegnati nella ricerca di riforme dell’organizzazione del lavoro, che già fu obiettivo di quelle brigate terroristiche che negli anni passati assassinarono D’Antona e Biagi.
Non può non suscitare un allarme profondo proprio il fatto che una funzione criminale della politica fosse affidata a giovani ancora sensibili a parole d’ordine di uomini più anziani incapaci di liberarsi di ipoteche sanguinarie e distruttrici su attività che dovrebbero essere terreno esclusivo della democrazia, della politica e del dialogo.
Il tutto ulteriormente aggravato dal fatto che in questa nuova organizzazione continua a trovare spazio anche il reclutamento nelle file della delinquenza organizzata.
Il tutto, infine, ancora più gravemente reso pericoloso dal fatto che i nuovi terroristi della tattica armata cercavano di mimetizzarsi proprio laddove le difficoltà del lavoro e dello studio, della disoccupazione e del territorio, creavano e creano spazi più sensibili a forme di protesta più radicali, come possono essere i sindacati, le università, i movimenti civili di protesta sul territorio.
L’ANPI, mentre denuncia con fermezza questa situazione e lancia a tutto il Paese un richiamo perentorio ad una mobilitazione civile e culturale di lotta contro ogni forma di eversione e di violenza, ricorda che non deve essere assolutamente consentito che gli spazi della protesta democratica nel mondo del lavoro e dell’agire politico possano essere confusi con modi eversivi di lotta, per cui più avanzata deve essere posta la soglia della vigilanza per impedire qualsiasi connubio o contaminazione della lotta politica e sociale.
Come già fu negli anni 1960-1970 tutto il Paese si deve mobilitare per una grande battaglia culturale di tutte le donne e di tutti gli uomini, che riconosca soltanto nella lotta democratica, nel confronto e nel dialogo, nella difesa intransigente dei valori della Costituzione le condizioni della promozione sociale e della convivenza civile di tutta la nostra comunità.
Roma, 15 febbraio 2007
p. il Comitato Nazionale
il Presidente