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Assalto al carcere

By 4 Agosto 2015 No Comments

9 agosto 1944
Una giornata di gioia
nella tragedia della guerra

Vorrei ricordare la giornata del 9 agosto 1944, 71 anni dopo, rendendo omaggio ai cinque compagni caduti nel prosieguo della Lotta di Liberazione ed ai sei scomparsi nei nostri anni, tutti partecipanti, assieme al sottoscritto, all’assalto al carcere di Bologna.
Dare la libertà alle vittime delle rappresaglie fasciste, ai partigiani fatti prigionieri ed ai tanti oppositori civili, fu il compito che il Comando Unico Militare Emilia Romagna (CUMER) affidò alla 7ª Brigata GAP di Bologna.
Ricevuto l’incarico si doveva decidere come realizzare l’impresa. Il carcere di San Giovanni in Monte era situato al centro della città, a pochi passi dalle caserme della brigata nera, dal comando tedesco e dagli uffici della Questura e Prefettura, ai quali competeva la vigilanza sul reclusorio.
Il primo passo fu quello di darne avviso ad alcuni esponenti di primo piano della Resistenza, lì rinchiusi, con la collaborazione di guardie carcerarie amiche.
La prima idea fu quella di entrare attraverso la parte lesionata della struttura carceraria a causa del bombardamento del 29 gennaio ’44, ma venne presto abbandonata, dopo una perlustrazione, per le difficoltà intrinseche e perché si sarebbe riusciti a liberare solo un numero limitato di reclusi.
Si pensò quindi ad un escamotage per potere entrare nel carcere con piena libertà di movimenti. L’idea vincente venne infine concepita: inscenare la consegna di partigiani fatti prigionieri.
Dodici i gappisti impegnati nell’operazione: cinque vestiti da repubblichini: Massimo Barbi, Nello Casali “Romagnino”, Bruno Gualandi “Aldo” , Roveno Marchesini “Ezio” e Vincenzo Sorbi “Walter” ; tre con divisa tedesca: Berardino Menna “Napoli”, Lino Michelini “William” e Arrigo Pioppi “Bill”; quattro i partigiani “catturati”: Giovanni Martini “Paolo”, Renato Romagnoli “Italiano”, Dante Drusiani “Tempesta” e Vincenzo Toffano “Terremoto”.
Giunti sul piazzale fronteggiante il carcere a bordo di due millecento, sequestrate, “Napoli”, ex prigioniero di guerra fuggito da un campo di concentramento in Germania, in un improbabile tedesco e con voce rombante nel silenzio della notte, ormai erano le dieci di sera, convinse i poliziotti di guardia ad aprire il portone esterno e poi il secondo che da accesso  al carcere vero e proprio. Lasciati all’esterno tre partigiani a fare la guardia con il compito di disarmare i militi di guardia al momento opportuno, nove partigiani, assunta la loro vera veste di liberatori, si palesarono ai secondini di servizio i quali guidarono i partigiani nei vari reparti ed in poco tempo tutte le porte delle celle furono aperte ed i detenuti, comuni compresi, si riversarono nell’ampio cortile interno. A questo punto due contrattempi si frapposero allo svolgersi del colpo di mano. Il primo era che non si trovavano le chiavi del portone interno e il secondo che si udì una sparatoria proveniente dall’esterno che fece temere il peggio. Per quanto riguarda la chiave, con la forza convincente dei mitra, sortì all’improvviso e l’esodo di massa ebbe luogo.  Si chiarirono poi le ragioni della sparatoria. Mentre i militi fascisti di guardia all’esterno non avevano fatto opposizione al disarmo, un poliziotto sopraggiunto aveva reagito. Nella sparatoria conseguente lui stesso rimase ucciso mentre “William” fu ferito ad una gamba in modo tale da portarne le conseguenze per tutta la vita.
Mentre i prigionieri politici e comuni (liberati anche per far confusione), si allontanavano lungo le vie di accesso al reclusorio, quattro partigiani prigionieri ai quali eravamo particolarmente interessati: Monaldo Calari “Enrico”, Amos Facchini “Joe”,  Nerio Nannetti “Sergio” e Sonilio Parisini “Sassi” presero il posto di quattro partigiani che avevano partecipato all’assalto i quali si allontanarono a piedi mentre le auto raggiungevano le basi di partenza: la Bolognina.
Alcune considerazioni finali. Vi è una particolarità in quella sera che non è stata mai messa in evidenza. Nonostante l’ora tarda, i prigionieri non erano a letto ma tutti furono pronti ad uscire celermente. Quindi bisogna supporre che l’incursione fosse già nota ed i reclusi preparati all’evento nella massima segretezza.
Dall’attiguo carcere femminile, non interessato all’operazione, era stato dato l’allarme ma nessuno intervenne accampando banali scuse del tipo la mancanza di benzina. Circolò anche la notizia che i partigiani che assaltarono il carcere fossero molti di più di quello che erano: dodici combattenti per la Libertà. Naturalmente ci fu anche un rimbalzo di responsabilità per l’insufficiente vigilanza ed il mancato intervento.
Come sempre i commenti dei tedeschi non furono resi noti ma si percepì la rabbia per lo “smacco” subito. Comunque nessuna notizia ufficiale fu diramata.
Dopo qualche giorno in trafiletto sul locale giornale  “il Resto del Carlino” invitava i detenuti evasi a presentarsi spontaneamente poiché sarebbero stati trattati con benevolenza.
Ecco quanto avvenne in quella sera di agosto. Si tratta di uno dei tanti eventi che riuscirono a rendere vincente la Lotta di Liberazione.

 

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