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C’era una volta la Settima G.A.P

By 6 Marzo 2009 No Comments
c'era una volta la settima GAP

il nome della Settima G.A.P. evoca volti, nomi, momenti ed episodi cari a tutti gli antifascisti: il sacrificio di Irma Bandiera, “Prima fra le donne bolognesi ad impugnare le armi per la lotta nel nome della libertà”, l’audace liberazione dei prigionieri politici dal Carcere di San Giovanni in Monte, la battaglia di Porta Lame sono solo alcuni degli episodi che immediatamente tornano alla mente.

 
 
Autore: Renato Romagnoli “Italiano”

Un breve profilo di Renato Romagnoli, tratto da anpipianoro.it:

Iscritto al PCI dalla fine del 1943, fino al febbraio 1944, svolse attività politica. Partecipò all’insediamento di partigiani bolognesi nel Veneto nell’inverno 1943-44.

Rientrato a Bologna il 6/4/44, venne inserito in un gruppo gappista della 7a brg GAP Gianni Garibaldi. Fece parte del gruppo di 12 gappisti che il 9/8/44 compì l’ardimentosa azione che portò alla liberazione dei detenuti politici rinchiusi nel carcere di S. Giovanni in Monte (Bologna).

Partecipò alle battaglie di Porta Lame (7/11/44) e della Bolognina (15/11/44). Restò ferito in combattimento.

Fu nominato comandante del reparto di polizia partigiana. Riconosciuto partigiano dal 3/3/44 alla Liberazione. Gli è stata conferita la medaglia d’argento al valor militare con la seguente motivazione:

«Comandante della squadra di polizia di una brigata G.A.P. partecipava con solo undici compagni animati dalla stessa fede all’audace colpo di mano che ridava libertà a duecentoquaranta detenuti politici rinchiusi nelle carceri di S. Giovanni in Monte. A Porta Lame e alla Bolognina si distingueva per indomito valore sostenendo una fiera lotta contro preponderanti forze nazifasciste che appoggiate da dodici carri armati cercavano di sgominare e catturare i partigiani rifugiati fra le macerie delle case distrutte dai bombardamenti aerei. Dopo un’epica difesa, piuttosto che cadere nelle mani del nemico, arditamente balzava fuori dal rifugio e abbattuti col preciso fuoco del suo mitra due soldati tedeschi accorsi per sbarrargli il passo, dava la possibilità ai compagni di sfuggire all’accerchiamento e di portare in salvo i partigiani feriti. Mirabile esempio di audacia, altruismo e sprezzo del pericolo»

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