Virginio Merola – sindaco di Bologna
Il 25 aprile è entrato con forza nella mia vita ai tempi della contestazione giovanile, quando frequentavo il liceo Minghetti, agli inizi degli anni ‘70. Parto quindi da qui per spiegare il mio rapporto con questa giornata fondamentale per la storia del nostro paese. A quel tempo esistevano i gruppi cosiddetti extra parlamentari di cui anch’io facevo parte. In quei gruppi si era fatto largo un concetto, il luogo comune fra noi studenti di allora era quello del mito della Resistenza tradita. L’idea, sbagliata, che fosse stato un errore da parte della sinistra parlamentare separare la lotta dei partigiani dall’obiettivo più generale di abbattere il sistema capitalistico. Per cui ho un ricordo molto forte, quello di uno slogan che veniva scandito e che riporto qui per contribuire a dare la dimensione del contesto di cui parlo: “25 aprile è nata una put…a e le hanno messo nome Democrazia Cristiana”. Stiamo parlando di uno slogan greve e non accettabile, a maggior ragione se letto, anche, alla luce della critica femminista che proprio in quegli anni travolgeva le convenzioni e imponeva la propria riflessione, indispensabile per cambiare in meglio la società.
La Resistenza è invece liberazione, lotta per la liberazione e convergenza di tutte le forze antifasciste, una base unitaria democratica per dare un orizzonte condiviso all’Italia e all’Europa.
Mi colpisce che ancora oggi esista una destra che non coglie l’idea dell’unitarietà e di un antifascismo come base fondante della nostra Repubblica, proponendo invece un concetto di riconciliazione confuso e di parte.
Il nazionalismo non è all’altezza dei tempi, lo stiamo sperimentando anche in questi ultimi mesi particolarmente complicati a causa della pandemia da coronavirus. Le ricette nazionalistiche, soprattutto in queste settimane difficili, non si sono mostrate all’altezza di una situazione che è rapidamente diventata globale.
Parto da una contingenza dolorosa come quella di un virus che ha causato lutti, ha diviso le persone, ha necessariamente compresso le nostre libertà personali (ricordo che la Costituzione all’articolo 16 recita: Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza. Nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche).
Ma da qui vorrei volgere lo sguardo al termine della seconda guerra mondiale perché le macerie nel nostro caso non riguardano le case, le fabbriche, gli edifici pubblici. Si tratterà di rimettere in piedi un’economia esangue, di rimettere in circolo la fiducia e, magari, di dimostrare che l’Europa esiste sul serio. La stessa Europa che nacque anche grazie al sacrificio di chi ha combattuto nella Resistenza, italiana e degli altri paesi.
Questo sarà il 75° Anniversario della Liberazione, sarà indubbiamente un anniversario diverso. Nel momento in cui sto scrivendo questo contributo non so neanche se ci potremo ritrovare in piazza o se troveremo altre forme per ricordare, con la passione di cui la nostra città medaglia d’oro per la Resistenza è sempre stata ricca, che la nostra storia comune di italiani la dobbiamo alla libertà e alla democrazia che ci ha dato la lotta di Liberazione.
Viva la Resistenza, viva Bologna, viva l’Italia!