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La Gaia va a morire: migrazioni e cambiamenti climatici

By 13 Gennaio 2019 No Comments

La modernità ha fallito. Bisogna costruire un nuovo umanesimo altrimenti il pianeta non si salva”. Così si esprimeva Albert Einstein. Negli ultimi quindici anni abbiamo assistito a numerose migrazioni da un continente all’altro, che si trattasse dall’Africa all’Europa, dall’Asia all’Europa o dal sud al nord America. Masse di uomini, donne, vecchi e bambini che attraversano il Mediterraneo per sfuggire a guerre intestine nei paesi africani e carovane che dall’Honduras e Guatemala approdano al confine tra Messico e Stati Uniti. Tutti si allontanano da conflitti armati? Studi recenti dimostrano che le popolazioni emigrano, sì, per evitare un misero destino di morte, privazioni e il veder violati i loro diritti umani, ma ha, e avrà, sempre maggior peso il cambiamento climatico in atto.

Nella millenaria storia ancestrale dell’uomo, le civiltà si sono spostate alla ricerca di un luogo più adatto alla vita. Le trasformazioni dei vari territori, come la mancanza di acqua potabile, le crescenti temperature, la distruzione della flora e della fauna di una determinata area (che ricordiamo è spesse volte causata dalle attività umane), fa sì che si generino i cosiddetti migranti ambientali. Il fattore economico, seppur il motore principale delle migrazioni, influirà meno nella scelta delle popolazioni a cercare nuovi luoghi in cui insediarsi. I ricercatori dell’Istituto universitario delle Nazioni Unite per l’Ambiente e la Sicurezza Umana, già nel 2011, classificavano i migranti ambientali in tre tipologie: environmental emergency migrants, environmentally forced migrants e environmentally motivated migrants. Il primo gruppo si riferisce a quei soggetti che si spostano a causa di un evento climatico improvviso, come un violento terremoto o uno tsunami, mentre il secondo lascia il proprio luogo di vita per i mutamenti ambientali che ne hanno pregiudicato la qualità, ad esempio laddove scompaiono interi corsi d’acqua dolce o riserve acquifere del sottosuolo. Il terzo gruppo, invece, nel tentativo di prevenire il deterioramento della loro terra natale, decidono di lasciarsi alle spalle una realtà che si sta sgretolando.

Il 3 dicembre scorso si è aperta a Katowice, in Polonia, la “Conferenza del cambiamento climatico” organizzata dalle Nazioni Unite per fare il punto sui problemi, le sfide e le possibili soluzioni per affrontare il riscaldamento globale. Nonostante gli Accordi di Parigi del 2015, e il consenso di 195 Paesi partecipanti, a oggi concrete misure sulla riduzione delle emissioni di CO2 non sono state adottate, anche alla luce del ritiro degli Stati Uniti di Donald Trump dal Patto. In Polonia si è rilevato come, in mancanza di azioni radicali, la temperatura media aumenterà oltre i 2° portando a eventi climatici sempre più estremi e cambiando il clima di intere aree geografiche, con conseguenze nefaste per milioni di persone. L’Italia, è bene ricordarlo, è minacciata dal fenomeno della desertificazione.

Le previsioni e gli studi presentati a Katowice dimostrano scientificamente come il cambiamento climatico causerà sempre più siccità, inondazioni, ondate di caldo e differenti condizioni metereologiche estreme, oltre a temporali più intensi e l’innalzamento del livello degli oceani. Gli effetti ricadranno inevitabilmente sull’agricoltura, rendendo perciò difficili la coltura di vari generi alimentari per la sussistenza delle popolazioni dell’Africa subsahariana e parte dell’Asia. Nel 2017, il Centro comune di ricerca dell’UE ha pubblicato uno studio dove venivano esaminate le domande di asilo nel vecchio continente, ed è emerso che laddove le temperature nelle regioni agricole chiave di un paese erano aumentate sopra i 20° nella stagione di crescita, più le persone avevano abbandonato le loro case per migrare. Un consistente aumento del numero di migranti provenienti da luoghi caldi come Iraq e Pakistan è stato riscontrato, secondo la ricerca, nell’ultimo decennio.

Gli esperti del clima sono convinti che, qualora non si abbasseranno le emissioni di CO2 da parte dei paesi industrializzati, i cambiamenti climatici saranno inarrestabili con un conseguente aumento delle migrazioni. In un’Europa in conflitto su quanti profughi ammettere, sforzi concreti non sono stati fatti per la tutela del nostro pianeta, il quale, da qualsiasi punto si guardi da un satellite nello spazio, è la nostra prima e unica dimora.

Manuele Franzoso

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