Roma, 7 maggio 2018
Come ogni anno, forse questo 2018 ancora di più, il 25 aprile è stata una grande giornata di
festa e di memoria attiva, un appello contro ogni fascismo, razzismo e nazismo, una richiesta
corale di pace e di giustizia nel mondo. Come ogni anno l’ANPI è stata l’anima della quasi
totalità di tali manifestazioni, promosse per lo più in collaborazione con ciascun Comune e con
altre associazioni e organizzazioni. E’ perciò giusto ribadire a tutti i Sindaci ed alle altre
autorità preposte la richiesta di rispettare ed onorare il 25 aprile come Festa nazionale della
Repubblica.
Ma anche quest’anno, come già avvenuto in qualche circostanza passata, vi sono stati limitati
tentativi di esclusioni, autoesclusioni o autoallontanamenti che si potevano e si possono
evitare costruendo un clima di dialogo e di confronto da parte di questa o quella comunità.
Colpisce vedere come l’attenzione dei media si sia concentrata prevalentemente su tali
episodi, invece che sul carattere popolare, nazionale e unitario della quasi totalità delle
manifestazioni.
La questione più dolorosa riguarda alcune comunità ebraiche che, difformemente da tutte le
altre, hanno disertato l’iniziativa promossa dall’ANPI in base a due presupposti: il primo è la
presunta illegittimità della presenza di qualsiasi segno della questione palestinese nel contesto
della manifestazione; il secondo è la richiesta perentoria, meglio, l’imposizione di un obbligo
che l’ANPI avrebbe, e cioè quello di impedire nelle manifestazioni qualsiasi riferimento, diretto
o indiretto, alla questione palestinese.
Ci paiono richieste che non solo contrastano con i principi di tolleranza e di disponibilità che
dovrebbero caratterizzare tali manifestazioni, ma che attribuiscono all’ANPI un “dovere”
peraltro inammissibile costituzionalmente, ove all’art. 21 si dispone che “tutti hanno diritto di
manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di
diffusione”.
Per la manifestazione di Roma, l’ANPI ha deciso di essere rappresentata in corteo solo dalle
bandiere della Resistenza italiana ed europea. Ma tale proposta non poteva né può essere
ritenuta un impedimento alla libertà di espressione di chiunque volesse partecipare
all’iniziativa.
L’ANPI dai tempi della sua nascita, com’era ovvio e doveroso, ha fatto propria la causa del
contrasto irriducibile ad ogni discriminazione, come peraltro enunciato dalla Costituzione, ove
si afferma che tutti i cittadini “hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge senza
distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali
e sociali”.
L’ANPI in ogni modo ed in ogni forma, come parte integrante ed ineliminabile della formazione
antifascista e democratica, ha contribuito a informare sul dramma della Shoah,
approfondendo, scavando, rivelando, promuovendo incontri e convegni, disponendo centinaia
di articoli sulla sua stampa, a sostegno di una parte sola: la parte degli ebrei sterminati con la
Shoah e dei sopravvissuti. Questo – sia chiaro – era, è e sarà un preciso e intramontabile
dovere dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia. Per questo l’ANPI condanna senza
appello le parole di Abu Mazen che attribuiscono proprio agli ebrei delle responsabilità sulle
ragioni del loro sterminio: parole gravi, inaccettabili e irricevibili.
L’ANPI, pur non confondendo mai due questioni collegate ma distinte, e cioè la Shoah e lo
Stato d’Israele, ha sempre affermato la legittimità di tale Stato ed il diritto alla pace ed alla
sicurezza dei suoi cittadini, sostenendo peraltro anche il diritto del popolo palestinese a un
proprio Stato, ma l’ANPI ha criticato, giudicando sempre i fatti e mai i governi come tali, le
scelte del governo di Israele quando queste apparivano in contrasto con i principi ispiratori
della pace, della libertà, della convivenza fra i popoli e dei diritti umani.
Di conseguenza l’ANPI ritiene legittimo e doveroso criticare – come peraltro ha fatto gran parte
della comunità mondiale ed anche parte dell’opinione pubblica israeliana – ciò che è
ripetutamente avvenuto al valico di Karni dove, com’è noto, sono stati uccisi decine di
palestinesi e feriti migliaia di palestinesi, quanto meno per uso sproporzionato della forza.
Tutto ciò non ha nulla a che vedere né con la Shoah né con l’antisemitismo; si tratta di due
categorie che nella loro tragica unicità non possono e non devono essere utilizzate come
un’accusa infamante contro chiunque critichi qualsiasi azione militare o civile da parte del
governo israeliano nei territori della West Bank.
In occasione del 25 aprile, sia pure in modo sporadico, è emerso contro l’ANPI in qualche
comunità e in qualche personalità del mondo ebraico italiano un’ostilità stupefacente che crea
amarezza e tensioni. Sovente l’elemento scatenante di tali polemiche è stata la contestazione
– o l’ipotesi della contestazione – alla presenza della Brigata Ebraica e della sua bandiera nei
cortei. La Brigata Ebraica è stata a tutti gli effetti parte degli eserciti alleati che hanno
contribuito a liberare l’Italia dal nazifascismo. Abbiamo detto, diciamo e diremo che ogni
contestazione e a maggior ragione ogni violenza contro la Brigata Ebraica va condannata
fermamente. Aggiungiamo, anche se è ovvio, che più in generale va condannata fermamente
ogni violenza di qualsiasi genere sia nel corso della manifestazioni del 25 aprile, sia in
qualsiasi altra manifestazione.
L’ANPI nei limiti delle sue forze, ma nel rigore dei suoi principi, farà il possibile perché tutte le
comunità possano incontrarsi e dialogare sapendo che le politiche di muri e di frontiere
portano alla lunga solo odi e rancori, ed in ultima analisi nuovi disastri.
Il 25 aprile di quest’anno è stato caratterizzato ovunque da parole d’ordine di pace e di
antifascismo, cogliendo così i temi oggi essenziali della battaglia per la democrazia: il
contrasto allo scenario di tensioni internazionali e di guerre che si va purtroppo estendendo e
la lotta contro formazioni di tipo neofascista, neonazista e razzista che da tempo in Italia e in
Europa hanno pericolosamente rialzato la testa. L’ANPI ribadisce che solo un grande
movimento unitario, come quello che si è manifestato in occasione del 25 aprile di quest’anno,
potrà efficacemente lottare per la pace nel mondo e vincere la sfida contro i neofascisti.
PRESIDENZA E SEGRETERIA NAZIONALI ANPI