Cultura

Quando la storia si ripete

By 17 Dicembre 2019 No Comments

Sono interessanti le analogie fra la campagna di Russia di Napoleone (1812) e la campagna di Russia di Hitler.

Napoleone attacca la Russia con un esercito forte di quasi 600.000 effettivi. Ne riporta in patria 20.000. Kutuzov, che comanda l’esercito russo, dispone di 270.000 uomini. La tattica russa è articolata su tre linee difensive scaglionate in profondità verso est. Ritirandosi progressivamente verso est combattendo, ma senza impegnarsi a fondo, la linea più avanzata si congiunge con quella successiva e le due, arretrando, si congiungono con la terza. Ciò rafforza sistematicamente lo schieramento russo. Il tutto avviene con combattimenti non decisivi che però hanno comunque la funzione di logorare gli aggressori.

I francesi, invece, a mano a mano che avanzano verso est devono spargere i loro effettivi su tutto il territorio conquistato sia per difendere le posizioni acquisite, sia per proteggere e garantire i depositi di materiali e le linee di rifornimento che si allungano sempre più. A Smolensk arrivano 180.000 effettivi francesi. A quel punto Napoleone ha già perduto la superiorità numerica. Infatti la battaglia conseguente non ha molti effetti per Napoleone; conquista una città quasi spopolata.

Siamo quindi alla successiva battaglia di Borodino. I francesi perdono 58.000 uomini e 49 generali. Anche l’esercito russo ha notevoli perdite, ma rimane sulle sue posizioni. La forza di attacco francese è fortemente logorata. Tale battaglia è anche un massacro di italiani. L’attacco alle ridotte russe, da cui i russi fulminavano agevolmente gli attaccanti, è condotto da due reggimenti di linea: il 3° e il 61°, composti in prevalenza da piemontesi, che perdono quasi del tutto i loro effettivi. Pure l’84°, composto da lombardi, è decimato. Nello scontro i russi sono 120.000 con 640 cannoni; i francesi 130.000 con 587 cannoni.

Nella difesa della ridotta di Scevordino 12.000 russi tengono impegnati fino a notte fonda 35.000 francesi dando tempo a Kutuzov di consolidare le proprie difese nelle aree più ad est. Il resto è storia nota. L’occupazione di Mosca pressoché deserta; l’incendio della stessa, il sopraggiungere dell’inverno, la ritirata, la battaglia della Beresina con la definitiva disfatta di Napoleone.

I generali nazisti, invece di studiare la storia napoleonica, forti della loro presunzione e della sudditanza alle paranoie del loro capo, commettono più o meno gli stessi errori di Napoleone.

Bonaparte inizia la campagna di Russia il 24 giugno 1812. È in ritardo di due mesi rispetto i suoi calcoli iniziali. Il ritardo è dovuto alle difficoltà per le forniture; difficoltà determinate dalla reazione dei commercianti parigini e in specie dagli speculatori i quali hanno prodotto una crisi economica artificiale in risposta all’appropriazione da parte di Napoleone del roulage; ossia una sorta di nazionalizzazione dei trasporti pesanti (in termini attuali: della logistica) che doveva garantire all’imperatore l’infrastruttura per attuare la preparazione della campagna di Russia, ma anche per mettere sotto controllo fiscale gli speculatori. Il ritardo avrà effetti devastanti per la campagna in quanto la stessa verrà a trovarsi con pochi risultati e con deboli basi nel momento in cui entrerà in campo il “generale inverno”.

Hitler commette lo stesso errore di tempo. Inizia la campagna infatti il 22 giugno 1941. Anche lui confidando su un veloce risultato totale. I tedeschi attaccano su tre, poi su quattro, vastissimi fronti: Leningrado, Mosca, Stalingrado, Caucaso. L’impegno iniziale è di 190 divisioni tedesche più gli alleati rumeni, ungheresi, finlandesi, slovacchi e in seguito, italiani. Si tratta di oltre 2.500.000 uomini. Il coordinamento, però, dei vari fronti diventa, nel tempo, sempre meno agevole. Le linee di rifornimento si allungano moltissimo e, causa la minaccia delle forze partigiane dietro le linee del fronte (altra analogia con la vicenda napoleonica), si devono impiegare almeno dieci divisioni per difenderne i percorsi e i magazzini.

Man mano che la linea difensiva russa si ritira (in parte anche a causa di una certa impreparazione iniziale) tale linea si rafforza delle componenti più arretrate. Ciò fino a quando le forze si equivalgono. E allora l’offensiva tedesca viene arrestata e ciò consente ai generali russi non solo di riorganizzare tutto il fronte, ma anche di predisporre tutto per la successiva controffensiva che porterà fino a Berlino. Prima era stata spostata a est sugli Urali e al centro dell’Asia una parte fondamentale dell’apparato produttivo e relative maestranze. Dieci milioni di persone e 1.523 aziende industriali e dei servizi. Si può ritenere sicuramente questo come il più consistente fenomeno di ricollocazione economica e sociale che la storia conosca. Fra l’altro fenomeno attuato in tempi brevissimi. Come capacità organizzativa non c’è male. Si pensi alla massa dei problemi che si sono dovuti risolvere.

Vale la pena, a questo punto, fare alcune considerazioni a proposito degli attuali strateghi della Nato impegnati nel rilancio della guerra fredda. E del loro capo che sembra avere perso il senso della realtà promettendo missili a destra e manca.

Battere sul piano militare un paese che si sviluppa per undici fusi orari (ossia 18.333 Km e 17 milioni di km2 di superficie di cui quasi un terzo coperto dalla taiga) è impossibile. Anche usando le armi nucleari per un attacco a sorpresa, non si può evitare di essere, a propria volta, distrutti dalla reazione; dato che sono infiniti i luoghi in cui possono essere dislocati e nascosti, nell’immenso territorio, i missili balistici per la risposta.

Impensabile una conquista via terra come provato prima da Napoleone; dopo di lui da tutte insieme le potenze capitaliste dal 1917 al 1924 e dopo di loro da Hitler. La sola strada per potere creare problemi importanti alla Russia era quella della pressione totale economica. Ma anch’essa aveva senso se poteva essere concentrata nel tempo ed essere, appunto, totale. Cosa, questa, impossibile oggi. Ai tempi di Eltsin si era andati molto vicini al successo in questa possibilità. Di qui l’acredine verso Putin che ha capovolto la situazione e annullato questa possibilità.

A parte le risorse di energia e di materie prime, di cui la Russia dispone, va messo in conto anche il fatto che oltre al miliardo e settecento milioni di ettari di terreno, buona parte dei quali coltivabili, alle immense risorse di legname garantite dalla taiga, oltre alle immense risorse naturali, il territorio dispone in grande quantità di quella che ormai è da considerarsi una risorsa limitata e strategica: l’acqua. Sono infatti 2 milioni i laghi e 120.000 i fiumi in tutto il territorio e non sono in generale fiumi piccoli.

Ultimamente, anche stimolata dalle sanzioni di Usa e alleati, la Federazione russa ha attuato una politica agraria che ha consentito di diventare il maggiore esportatore mondiale di grano (anno 2018). Con un ulteriore effetto: la ripresa e un notevole sviluppo della zootecnia consentito da questa disponibilità di cereali.

I presidenti e i generali Usa (dietro cui stanno le multinazionali e la finanza speculativa) farebbero bene a darsi una regolata e i governi europei non dovrebbero seguirli in eventuali paranoiche avventure.

di Gabriele Sarti