Cultura

Renata Viganò con parole sue (Minerva, 2018)

By 26 Febbraio 2019 No Comments

Conosciamo Matteo Matteucci per le diverse pubblicazioni realizzate in questi anni e legate alla storia della nostra città, a cominciare dal pluripremiato Arpad Weisz e il Littoriale (Minerva, 2017), passando per il recentissimo Il cobra sta fumando (Pendagron, 2018) di cui abbiamo parlato su queste pagine pochi mesi fa. Torna ora alle stampe con un graphic novel dal titolo più che esaustivo: Renata Viganò con parole sue, una storia da lui illustrata con la collaborazione di Alessandro Battara per colori e grafica, e partendo dai testi organizzati da Claudia Alvisi e Tiziana Roversi, che sono state anche (lo segnaliamo doverosamente) curatrici dell’iniziativa editoriale voluta da Roberto Mugavero (Minerva).

Circa duecento fogli (manca, curiosamente, la paginazione) in cui però sono sempre le illustrazioni di Matteucci a dominare sul racconto autobiografico della Viganò. Una storia che inizia a Bologna all’alba del ‘900, Renata nasce il 19 giugno di quell’anno a cifra tonda, e che si chiude sempre nella città felsinea settantasei anni dopo. Una parabola umana che ci racconta la forza di volontà di questa donna, capace di essere sempre pienamente protagonista nella comunità in cui vive, dimostrando nel sociale così come in ambito culturale e politico, un senso profondo di autonomia e una volontà universale di emancipazione. Tratti che si possono cogliere sin da un gesto di ribellione al fascismo di cui è artefice: il lancio di un garofano rosso sulla tomba di Libero Zanardi, figlio-martire di Giuseppe, (gesto, va detto però, abbastanza abituale all’epoca tra i socialisti, specie in occasione dell’anniversario della morte di Libero).

Il libro ci racconta anche del sodalizio intellettuale e sentimentale con Antonio Meluschi, a sua volta affermato scrittore e giornalista, assieme al quale parteciperà alla lotta partigiana, sia come staffetta sia collaborando alla propaganda clandestina. Un periodo cruciale, questo, della sua vita che si riverserà inevitabilmente anche nella sua produzione letteraria: è del 1949 L’Agnese va a morire, capolavoro (tra i capostipiti della letteratura resistenziale) tradotto in quattordici lingue e soggetto per l’omonimo film diretto da Giuliano Montaldo. Infine come non dire che il volume ci racconta anche e soprattutto Bologna: la città liberty di inizio secolo, la città socialista e poi fascista, la città teatro di guerra, la città che rinasce e si ricostruisce. Un volume da sfogliare e osservare, oltre che da leggere.

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