Attualità

Sul carattere politico dell’Anpi

By 26 Febbraio 2019 No Comments

La crisi culturale e politica di questi anni pone l’Anpi di fronte all’interrogativo su quali strategie mettere in campo per arginare l’intolleranza, la violenza, il decadimento dei diritti e dei principi di libertà e democrazia su cui dovrebbe fondarsi la nostra repubblica. Due punti di vista, mi pare, si confrontino: un primo, che interpreta l’associazione come una forza politica chiamata a intervenire sulle questioni al centro del dibattito; un secondo che si concentra soprattutto sul valore etico e morale, diciamo di testimonianza attiva dei principi costituzionali. Sorprenderà apprendere che questa riflessione, sulla “possibile” natura politica dell’associazione, ha origini lontane che ci fanno risalire ai primissimi mesi che seguirono la Liberazione. Un poco di storia dell’Anpi può aiutare a capire.

In un convegno tenutosi a Firenze nel settembre del 1946 l’Anpi annunciò di volersi impegnare attivamente nell’opera di rinnovamento morale del Paese; del resto era lo stesso statuto adottato nel 1945 a esprimere chiaramente la volontà di «valorizzare e difendere il patrimonio ideale della Resistenza quale fondamento storico, politico, civile della democrazia repubblicana». Ma già qui comparvero le prime divisioni, con la corrente facente capo alla Dc che si fece portatrice dell’idea che l’associazione dovesse essere relegata a una funzione di ufficio stralcio della Resistenza. Successivamente, come noto, al primo congresso nazionale (Roma, 1947) le correnti democristiane e liberali attuarono una scissione che portò alla nascita della Federazione italiana volontari della libertà (Fivl); e un anno più tardi una seconda scissione dava vita alla Federazione italiana associazioni partigiane (Fiap).

La rottura del fronte antifascista fu presto evidente anche a livello locale; al primo congresso dell’Anpi provinciale di Bologna, il segretario Nerozzi segnalò le negligenze presenti nelle forze dell’ordine nel perseguire i criminali fascisti e indicò quello che a suo giudizio doveva essere il ruolo nella società degli ex partigiani: «Molti hanno l’idea che l’Anpi debba essere una associazione di carattere apolitico. Alcuni pensano che l’Anpi debba essere semplicemente un’associazione di carattere morale […]. Noi invece pensiamo che debba avere anche un carattere politico […]. Ognuno di noi aderisce a questo o a quel partito. Ma, come aderenti dell’associazione, dobbiamo dare un contributo politico».

Al secondo congresso provinciale, tenutosi in Palazzo d’Accursio nel marzo del 1948, Arrigo Boldrini (cui era stato affidato il discorso inaugurale) spiegò come il fascismo stesse ricomparendo con il beneplacito delle forze di governo e quali fossero i compiti dell’Anpi: «Il Movimento Sociale Italiano prospera e vive; i suoi candidati si presentano nella circoscrizione con alla testa Concetto Pettinato; i comizi si fanno pubblicamente nelle piazze di Roma; le sfilate fasciste si ripetono; mentre invece si assalta la sede dell’Anpi di San Ferdinando di Puglia, si mettono delle bombe. […] Noi però non possiamo fermarci; noi dobbiamo andare avanti. […] Abbiamo tre obiettivi avanti a noi: consolidare la democrazia e la Repubblica, distruggere definitivamente il fascismo, rifare il nostro paese su una base di lavoro, d’indipendenza, di pace». E’ evidente come le considerazioni di Bulow si adattino, purtroppo, perfettamente anche alla situazione attuale, con la presenza nelle recenti elezioni sarde di una lista di Casa Pound senza che nessuno abbia obiettato.

Furono – insomma – anni bui per la giovanissima repubblica, con gli ex partigiani passati nel breve arco di un triennio da acclamati liberatori a oggetto di discriminazioni, attacchi e persecuzioni (come ci ha raccontato Gildo Bugni nel volume Le attese tradite. Materiali sulla persecuzione dei partigiani italiani nel dopoguerra). Lo studio dei materiali di questi primi congressi, qui solo brevemente richiamati (la questione è trattata più compiutamente nel volume pubblicato dall’Anpi di Ozzano e dedicato a Tonino Pirini), possono aiutarci ad affrontare con più consapevolezza il presente.

di Mauro Maggiorani

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